Doppia recensione per l’opera prima di Andrew Renzi.

Natale al cinema con Franny, Richard Gere: “sono aperto a girare il prossimo film in Italia”
di Alessio Paolesse

In uscita il 23 dicembre, Franny è il nuovo film con Richard Gere. Protagonista assoluto di un dramma ambientato in Philadelphia, il film racconta la storia di un affascinante milionario.

Chiuso in sé stesso da ormai più di cinque anni, Franny si è rinchiuso nella sua stanza d’albergo, lontano da tutti. Non lavora e dedica tutta la sua vita alla beneficenza. Sembrerebbe un fantasma, vivo solo per chi lo ricorda ancora: Olivia (Dakota Fanning), la figlia dei suoi più cari amici, sposata e incinta, decide di ritornare a vivere nella sua vecchia città. Franny, come richiamato dall’aldilà, decide di ritornare in vita e aiutarla.

Dimostrandosi in poche scene un personaggio dalle mille sfaccettature, Franny passa da essere un derelitto abbandonato ad eccentrico filantropo. Offrendo ad Olivia e suo marito (interpretato da Theo James) incredibili opportunità di vita e di lavoro, Franny mostra una complessità sempre più profonda, sia nella scrittura che nell’ottima interpretazione di Gere. Nessuno lo conosce veramente, ha un background misterioso quanto complesso, e in ogni scena conosciamo una parte della sua personalità. Che sia finta o vera, nessun aspetto di Franny viene mai veramente spiegato o approfondito, molte sequenze cercano una spiegazione attraverso i dialoghi, ma la bellezza di questo protagonista sta proprio nella sua inafferrabilità.

Un protagonista, quindi, messo su un gradino più alto rispetto a tutto il cast. Dakota Fanning, costretta in un ruolo minore e limitato dalle necessità della storia, è costretta ad interpretare la profondità del suo personaggio attraverso gli sguardi e le poche parole concesse, rendendo i suoi silenzi più significativi delle parole. Il marito Theo James interpreta una parte complessa, un medico affascinato dalla figura eccentrica di Franny, ma che avverte i problemi che l’uomo nasconde a tutti, da cui deve proteggere la sua famiglia. Costantemente in una via di mezzo, tra l’indipendenza economica che Franny gli promette e una famiglia da mantenere, Theo James riesce a mantenersi su un buon livello, diventando, insieme a Richard Gere, uno dei motivi per cui andare a vedere questo film.

Il ritorno di Olivia porta Franny a riaprire i conti con un passato tenuto per troppo tempo nascosto. Cercando di tamponare quel dolore costante che il passato gli procura, Franny accumula una serie di dipendenze pericolose, che deve risolvere per tornare a vivere. Olivia e il marito Luke diventeranno l’occasione per rimettere in discussione quei traumi mai affrontati o per tornare ad essere quel fantasma di sé stesso che nessuno ricorda.

Andrew Renzi, con il suo primo lungometraggio, mette in scena un dramma familiare, profondo e ben diretto. Nonostante la produzione a basso budget, l’ottima interpretazione degli attori e un controllo sia nella scrittura che nella regia, rendono questo film uno dei debutti migliori di quest’anno.

Franny

La forza del senso di colpa
di Michele Parrinello

Un gran Richard Gere si carica sulle spalle il peso di un film ambizioso e interessante ma che, volendo dire troppo, finisce per concretizzare poco. Volenteroso e imperfetto, il film risulta apprezzabile per l’impegno ma delude per l’assenza di veri e propri sussulti.

Franny, miliardario investitore e filantropo, non si è mai completamente ripreso dall’incidente d’auto del quale si ritiene responsabile, che lo ha visto coinvolto e che ha causato la morte dei suoi due migliori amici (una coppia sposata che lascia una giovane figlia, Olivia).
Caduto in uno stato di apatica depressione e profonda dipendenza da alcool e morfina, trova l’occasione per redimersi quando Olivia, sposatasi e in attesa di un bambino, torna a Philadelphia. Sopraffatto infatti dai sensi di colpa e dall’affetto che ha sempre nutrito per la ragazza, fa di tutto per non far mancare nulla a lei e al proprio marito.

Franny è la classica  montagna che partorisce un topolino.
Le basi per un buon prodotto, magari non proprio originale né dalle altissime aspirazioni, ci sarebbero tutte: un attore non più sulla cresta dell’onda ma con qualità intatte e grande voglia di rivalsa, una premessa semplice e credibile e una serie di tematiche intense e dal forte impatto emotivo.
Richard Gere infatti offre una gran prestazione nei panni del miliardario Franny, filantropo, astruso e bizzarro, senza filtri e inibizioni eppure divorato nell’animo da un senso di colpa che lo ha reso un involucro dall’apparente forza inesauribile e immensa magnanimità da  mostrare al  pubblico e alla società, ma che nasconde nerissima disperazione, che si rifugia nel rapporto con i bambini che sono in cura nell’ospedale pediatrico che ha fondato, in notti brave tra prostitute, night club, pasticche di extasy e litri di alcool, in dosi di morfina retaggio di un incidente che gli ha segnato molto più del corpo ormai rugoso e invecchiato.
Intorno a lui il regista Andrew Renzi, all’esordio nel lungometraggio, costruisce una trama e dei personaggi  coerenti ma non indimenticabili, che se non altro hanno il merito da fungere da cornice, malgrado artefatta, al percorso di crescita (o più precisamente di accettazione di sé stessi e di superamento dei propri traumi e fantasmi) dello strabordante, inopportuno, odioso eppure adorabile protagonista, e che a esso si piegano in una narrazione lineare e sobria che non regala particolari guizzi.
Purtroppo ciò che non funziona nel film è appunto questa costruzione che lascia intendere l’avvicinarsi di una svolta decisiva la cui attesa si fa sempre più pressante e intensa, finendo per fagocitare la trama allorché tutto ricade su  sé stesso quando le trame convergono verso un finale melenso e prevedibile senza regalare alcun ricercato od originale sussulto, punto di rottura o semplicemente colpo di scena che non risulti telefonato, vuotamente retorico o semplicemente al ribasso rispetto alle premesse.
Sbilanciato da un finale che si spegne gradualmente, Franny non è un brutto film. Ma i colpi che avrebbe potuto vantare al proprio caricatore, sparati premendo il grilletto di un dolore emotivo e di un senso di colpa difficile da redimere, finiscono per seguire una parabola discendente che fa inesorabilmente precipitare l’intero prodotto nell’affollato limbo delle occasioni sprecate.

Titolo originale: The Benefactor
Nazionalità: Stati Uniti
Anno: 2015
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 90′
Regia
: Andrew Renzi
Cast: Richard Gere, Dakota Fanning, Theo James, Dylan Baker, Cheryl Hines
Sceneggiatura: Andrew Renzi
Produzione: Kevin Turen, Jason Michael Berman, Jay Schuminsky
Distribuzione: Lucky Red
Fotografia: Joe Anderson
Musiche:
Danni Bensi, Saunder Jurriaans
Montaggio: Dean Marcial, Matthew Rundell

Nelle sale italiane dal 23 Dicembre 2015