Bellocchio racconta Gramellini, un personaggio anaffettivo che scopre di poter scrivere una nuova storia

Tratto dal bestseller scritto da Massimo Gramellini, Fai bei sogni è misurato e ben equilibrato. Un prodotto che pesa la sensazione di vuoto del protagonista e che racconta l’Italia dal 1969 ai giorni nostri. L’impressione è che la rappresentazione su pellicola della sofferta e mortifera esistenza di Massimo sia un pretesto per raccontare altro e rivolgersi oltre la mera narrazione.

A nove anni Massimo perde la madre per un infarto fulminante. Dopo un’infanzia e un’adolescenza difficile, Massimo diviene un affermato giornalista, ma si porta appresso il ricordo della madre defunta.

Presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes 69, Fai bei sogni permette a Bellocchio di tornare in Francia e di portare in sala rapidamente un altro suo film. Difatti è passato poco tempo (poco più di un anno) dal suo ultimo lavoro (l’altalenante Sangue del mio sangue) e mai il regista di Bobbio era stato così prolifico. La base di partenza (il romanzo di Gramellini) è di buona fattura e ciò gli ha permesso di mettere in scena un dramma sull’accettazione del lutto molto esteso nel tempo; difatti lo stesso protagonista scopre solamente da adulto (o non lo ha mai voluto sapere) le cause della morte della madre. Un lungo viaggio che attraversa i decenni che mettono a fuoco un’Italia legata alla proprie passioni (il calcio, per il protagonista il Torino) e al malaffare di ogni genere (Tangentopoli). Ma non solo, perché il protagonista muta il suo modo d’essere (velato sempre da una latente malinconia): si avvicina alla fede con entusiasmo, fa conoscere al pubblico la guerra in Bosnia (laddove lo scatto di una foto espressivamente valida permette lo scavalcamento della morale) ed entra a far parte di una redazione giornalistica, nella quale esprimere il proprio dolore può essere, finalmente, rappresentazione di una consapevolezza. Nel mentre il contesto che gli ruota attorno viene rievocato, in modo cristallino, dalla colonna sonora e dagli arredi estremamente caratterizzati. 

Attraversato da una accenno di gelido romanticismo, Fai bei sogni focalizza i giorni nostri correlati ai relativi flashback, immortala il contesto italiano, che muta radicalmente attorno a Massimo, e affronta il lutto con rinnovata motivazione attraverso la confusione di una casa abbandonata e nel ricordo di una madre affettuosa, ma psicologicamente troppo fragile. Bellocchio costruisce un film misurato, dal quale emergono le emozioni e nel quale la mistificazione fa il suo dovere, grazie anche alla muta accettazione del protagonista. Insomma un prodotto che attraversa il tempo e che permette l’immedesimazione dello spettatore, che stavolta, necessariamente, deve confrontarsi con l’empatia. 

Fai bei sogni è un film riuscito, che si prende le sue pause e le sue riflessioni per dilatare il tempo ed entrare maggiormente in sintonia con il personaggio impersonato da Valerio Mastandrea, che dona a Massimo un’impassibile emotività che gli permette di confrontarsi con un passato doloroso e con un padre, amorevolmente, reticente. Un personaggio che esibisce anafettività e che, una volta accettata la morte della madre (evento che gli ha segnato la vita), ha la possibilità di “scrivere” la sua nuova storia.

Forma e contenuto si amalgamano in Fai bei sogni, un film che nasconde, sotto un’apparente superficialità, un cuore pulsante che non smette di sanguinare.

Titolo originale: Fai bei sogni
Regia: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Valia Santella, Edoardo Albinati, Marco Bellocchio
Attori principali: Valerio Mastandrea, Berenice Bejo, Guido Caprino, Nicolò Cabras, Dario Dal Pero, Barbara Ronchi
Fotografia: Daniele Ciprì
Montaggio: Francesca Calvelli
Musiche: Carlo Crivelli
Prodotto da IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema, Ad Vitam Production
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 134′
Genere: Drammatico