Doppia recensione per il live action diretto da Tim Burton. Dal 28 marzo al cinema.

Tim e l’elefantino
di Laura Silvestri

Nel 1941 faceva il suo esordio il lungometraggio animato dedicato al piccolo elefante dalle grandi orecchie.

Nonostante il breve minutaggio (64 minuti) e un’esile trama – sono stati i toni e la tenerezza dell’elefantino a colpire nel segno -, Dumbo ha conquistato il cuore degli spettatori, divenendo uno dei personaggi più amati di casa Disney.

Oggi, a distanza di ben settantotto anni, tornano le cicogne a consegnare – si fa per dire – un adorabile pargoletto dagli occhi azzurri e le orecchie fuori misura a una Mamma Jumbo di proprietà del Circo dei Fratelli Medici.

Siamo nella Florida del 1919, e il circo itinerante di Max Medici (Danny DeVito) sta cercando nuovi modi per tirare avanti e stupire il pubblico. Al suo ritorno dalla guerra, il Capitano Holt Farrier (Colin Farrell) – in precedenza grande star del numero di punta – viene incaricato di prendersi cura degli elefanti assieme ai suoi figli, Milly e Joe (Nico Parker, Finley Hobbins). La famiglia, già provata dalla scomparsa della madre, deve ora cavarsela come può, tenendo in considerazione anche l’handicap dell’uomo, che ha perso un braccio in combattimento, e la riluttanza della giovane Milly ad esibirsi in performance per lei vanesie e senza spessore intellettuale. Tutto cambierà con la nascita del cucciolo di elefante, che con le sue peculiari caratteristiche conquisterà l’affetto dei circensi, ma attirerà anche l’attenzione del magnate V. A. Vandevere (Michael Keaton).

Quando fu annunciato il progetto, molti rimasero stupiti da un tale abbinamento: Tim Burton, il re del gotico e del fantasy horror, si sarebbe cimentato in una delle storie più “strappalacrime” della compagnia più “colorata” in circolazione.

Eppure, a conti fatti, non solo il binomio Dumbo/Burton è probabilmente il più indovinato che si potesse trovare – in qualità di outsider bistrattato per la sua diversità (che invece si rivelerà la sua forza) l’elefantino rispecchia il protagonista tipo delle opere del regista -, ma rimarca ancora una volta lo stretto legame tra il cineasta e la casa di produzione americana – per chi lo avesse dimenticato, oltre alle numerose collaborazioni con la Disney nel corso degli anni, Burton mosse i suoi primi passi come animatore per Red e Toby – Nemiciamici -.

Dumbo, con i suoi 112 minuti, espande la storia originale pur mantenendo molti dei suoi elementi caratteristici – incluso il trauma della separazione madre-figlio, che segnò la nostra infanzia e trova qui un inesorabile rinnovo -, ma lo fa stando alle regole del regista, con una scenografia sì assai colorata, ma decisamente fedele alla visualità Burtoniana (non dimentichiamoci de La Fabbrica di Cioccolato).

Luci e ambienti riescono a convogliare il giusto mix tra i due stili, specialmente nelle scene inziali, con una sequenza d’apertura più tipica del regista, e con l’introduzione del pittoresco – poi grottesco – Dreamland, regalandoci un’esperienza visiva alquanto notevole.

I risvolti narrativi non brillano per originalità, e il finale non si discosta dalle aspettative comuni (non che avesse l’obbligo di farlo, sia chiaro).

Ciononostante, è impossibile annoiarsi o non rimanere coinvolti nel racconto, così come è impensabile non affezionarsi istantaneamente all’adorabile elefantino volante.

Tra i personaggi, a spiccare sono – in una mini-reunion nell’universo Burtoniano – il direttore del circo di un Danny DeVito che tanto riprende dai suoi ruoli più comici, pur sfoggiando tutto il suo peso drammatico nelle scene ove richiesto, e il perfido Vadevere di Michael Keaton, che ormai è una garanzia quando si tratta di dar vita a memorabili villain.

Poco è dato da fare a una sempre splendida Eva Green, e poco aggiunge Colin Farrell al proprio personaggio, lasciando più spazio ai giovani interpreti e al cucciolo in cgi.

Danny Elfman solidifica ancor più la sua collaborazione con Burton firmando le musiche che accompagnano la pellicola, mentre da segnalare è anche la versione italiana cantata da Elisa di Baby Mine (Bimbo Mio).

Tra nuove aggiunte e graditi rinnovamenti, il Dumbo di Tim Burton riporta sullo schermo la magia del classico Disney, rendendolo ancor più una storia all’insegna della famiglia e dell’accettazione dell’altro.

Volere volare 
di Alessio Neroni

Tim Burton dirige l’adattamento cinematografico di Dumbo, basato sul classico animato di Walt Disney del 1941. Nel cast Danny DeVito, Colin Farrell, Eva Green, Michael Keaton e i piccoli Nico Parker e Finley Hobbins. Al cinema dal 28 marzo.

Ne ha fatta di strada Dumbo prima di arrivare nuovamente al cinema sotto l’attenta direzione registica di Tim Burton, che ha decisamente allungato la storia, se pensiamo che

il lungometraggio di Walt Disney dura solo sessantaquattro minuti. Facendo un salto ancora più indietro, scopriamo addirittura che le vicende dell’elefantino dalle enormi orecchie, prima di uscire in sala nel lontano 23 ottobre del 1941, erano rappresentate in otto disegni illustrati da Harold Pear e pochissime righe di testo scritte da Helen Aberson, per il prototipo di un giocattolo chiamato Roll-a-Book, che non venne mai realizzato.

Dumbo ora nel film di Burton finisce nel circo di proprietà di Max Medici, interpretato da un sempre eccellente Danny DeVito, in cui lavorano l’incantatore di serpenti Pramesh Singh (Roshan Seth), Rongo, uomo forzuto che fa da braccio destro a Max (DeObia Oparei), Miss Atlantis, solitaria sirena del circo (Sharon Rooney), Neils Slekkig, un cacciatore che viene dal Sudafrica (Joseph Gatt) e soprattutto Holt Farrier (Colin Farrell), un tempo star grazie al numero con i cavalli, che in battaglia ha perso l’arto superiore sinistro e che ora è chiamato a rimettere insieme i pezzi di una vita difficile. L’uomo, tornato dalla Prima guerra mondiale molto provato, ha inoltre appreso di aver perso la moglie; dovrà dunque badare lui ai suoi figlioletti Milly (Nico Parker), bambina curiosa più interessata alla scienza che al circo, e Joe (Finley Hobbins), più piccolino, e soprattutto al tenero elefantino dai grandi occhioni azzurri e dalle orecchie sproporzionate, da poco venuto al mondo.

Quando proprio i bimbi scopriranno che Dumbo, grazie a una piuma, è in grado di volare, il circo riscuote un incredibile successo mediatico, finendo sui giornali e catturando l’attenzione dell’imprenditore V.A. Vandevere (Michael Keaton), che recluta l’insolito elefante per il suo nuovo stratosferico circo: Dreamland. Dumbo, con la complicità dell’affascinante trapezista Colette Marchant (Eva Green), deve dimostrare di fronte a uno sconfinato numero di paganti la sua abilità nel volo in un numero mozzafiato, fin quando Holt scopre che Dreamland è un luogo fatiscente pieno di oscuri segreti.

Quello che di Dumbo cattura, in questa versione rivisitata di Burton, è il messaggio forte del film, ovvero il riscatto che hanno i protagonisti, considerati gli emarginati della società, i quali sotto quel tendono formano tutti una grande famiglia. Il regista ha dichiarato di non amare “il circo per gli animali tenuti in cattività, per i pagliacci o per le acrobazie estreme”. Semmai è quell’ambiente familiare che lotta insieme per scoprire una nuova normalità, il motore di tutta la pellicola, costruita con grandi effetti speciali senza mettere da parte i sentimenti.

Se da un lato però questo aspetto è interessante, da un altro punto di vista ciò che riesce a compiere il piccolo pachiderma volante va oltre la fiaba e l’immaginazione e ricorda viaggi nel cielo di altri esseri simpatici, ma un po’ alieni agli occhi umani. Non manca sicuramente l’happy and, seppur Dumbo non ha quell’unicità, quella centralità assoluta nel film, che di solito ha un protagonista, bensì è parte di un contorno in cui spiccano tanti grandi attori molto cari a Burton, come DeVito, Keaton e Alan Arkin, ognuno alla ricerca di qualcosa.

La fotografia retro di Ben Davis, le scenografie fastose di Rick Heinrichs, e i costumi ricercati di Colleen Atwood impreziosiscono l’intero film così come le musiche di Danny Elfman, e restando in tema, il brano Bimbo mio (canzone già presente nel lungometraggio Disney), per l’Italia, dove Dumbo uscirà dal 28 marzo, è cantato da Elisa, mentre nella versione originale è inciso dalla band Arcade Fire.

Il Circo Medici ha dunque aperto al suo pubblico, ora anche la fantasia può compiere il suo volo.

Titolo: Dumbo
Regia: Tim Burton
Cast Principale: Colin Farrell, Eva Green, Danny DeVito, Michael Keaton, Nico Parker, Finley Hobbins
Durata: 112’
Sceneggiatura: Ehren Kruger
Scenografia: Rick Heinrichs
Montaggio: Chris Lebenzon
Costumi: Colleen Atwood
Musiche: Danny Elfman
Produttori: Tim Burton, Justin Springer, Ehren Kruger, Derek Frey, Katterli Frauenfelder, Nigel Gostelow
Produzione: Tim Burton Productions, Infinite Detective, Secret Machine Entertainment, Walt Disney Pictures
Distribuzione: Walt Disney Pictures