Il silenzio dei sentimenti

Con Disobedience, Sebastián Lelio illustra con rigore il dramma che nasce dal contrasto tra libere emozioni e imposizioni sociali.

Nel corso della sua ultima riflessione di fronte alla comunità ebraica ortodossa londinese, il rabbino Rav spiega di come gli uomini si trovino in disequilibrio tra la purezza degli angeli e gli istinti delle bestie. Pochi istanti dopo si accascia e muore. Per i suoi funerali, fa ritorno nella comunità l’anticonformista e quasi dimenticata figlia Ronit (Rachel Weisz), che viene ospitata dal cugino Dovid (Alessandro Nivola), rigido e riconosciuto fedele ebraico. Qui Ronit scopre che l’uomo è sposato con Esti, una donna timida con la quale aveva intrattenuto una relazione giovanile. La vicinanza riaccenderà i sentimenti mai spenti delle due donne, che dovranno affrontare la rigidità della comunità ebraica, tra maldicenze e imposizioni sociali.

Detta così, ci sono tutti gli elementi per una convenzionale (ebbene sì, anche una relazione tra donne può esserlo), storia d’amore contrastato: la severità dell’ambiente sociale, la rigidezza dei dettami religiosi, l’accettazione della consuetudine e di legami “d’apparenza” e, in mezzo a tutto ciò, l’esplosione dei veri sentimenti. Ciò che non è convenzionale è invece il modo con cui tutto questo viene raccontato dal regista premio Oscar Sebastián Lelio, che fa del silenzio la manifestazione più visibile di ciò che non viene – o non può – essere comunicato. Disobedience può essere infatti descritto come un film “silenzioso” che fa del ritmo lento – paradossalmente limite e allo stesso tempo forza della pellicola –, dell’intervento minimale della colonna sonora, delle parole espresse quando servono e mai in eccesso, dei colori piatti e tutt’altro che accesi la propria cifra stilistica, delineando una regia sobria che diventa la migliore metafora delle emozioni (quasi sempre) trattenute dei protagonisti.

È piuttosto un film di sguardi, di personaggi ben definiti e ben caratterizzati nonostante la maschera delle convenzioni, di sentimenti volutamente e inutilmente soppressi, di grandi interpretazioni attoriali, di temi universali e contemporanei come la religione, l’intolleranza, la libertà. Un film in cui si riflette sul grande e drammatico contrasto che si instaura tra ciò che si vuole e ciò che si deve.

Soprattutto è un film sul rispetto dei sentimenti e delle persone a cui si vuole bene. Rachel McAdams lo definisce come una «bellissima storia d’amore, ma non di un solo tipo di amore […] dell’amore per Dio, dell’amore per l’amicizia e dell’amore romantico», centrando uno dei cardini della pellicola, indissolubilmente connessi proprio ai temi del rispetto e della libertà.

Non è senza peccati, Disobedience: come anticipato, la lentezza e il silenzio, sebbene ne siano le volute peculiarità, ne sono anche il punto debole e ne minano la fruibilità; la trama è minimale e dipanata forse troppo a lungo; le ultime sequenze trascinano un finale che potrebbe chiudersi nel momento chiave della vicenda, senza lungaggini poco convincenti. Riesce, però, a comunicare con efficacia i drammi interiori o obbligatoriamente interiorizzati a cui l’uomo può andare incontro, fragile com’è nell’instabile equilibrio tra purezza degli angeli e istinti bestiali, sebbene il confine tra di essi risulti meno definito di quello che si pensi.

Titolo: Disobedience
Regista: Sebastián Lelio
Sceneggiatura: Sebastián Lelio, Rebecca Lenkiewicz
Attori principali: Rachel Weisz, Rachel McAdams, Alessandro Nivola
Fotografia: Danny Cohen BSC
Scenografie: Sarah Finlay
Montaggio: Nathan Nugent
Musiche: Matthew Herbert
Costumi: Odile Dicks-Mireaux
Produzione: Element Pictures, LC6 Productions, Braven Films
Distribuzione: Cinema
Genere: Drammatico
Durata: 114′
Uscita nelle sale italiane: 25 ottobre