Non solo Cantantessa

A oltre tre anni dalla tournée Eco di Sirene e sei dall’album L’abitudine di tornare, Carmen Consoli torna a ruggire e incantare la scena musicale contemporanea con un concerto ricco di luci e con qualche ombra.

Non ci piace autocitarci, ma in questo caso le parole rilasciate a Persinsala durante il Carmen Consoli in teatro del 2016 sono profetiche di una coerenza umana e di una consapevolezza artistica di assoluto livello: «se ci fosse stato ancora spazio per Carmen, sarei uscita con una pubblicazione. Ho vissuto bene questo periodo, non mi è mancato il palcoscenico perché ho comunque suonato. Inoltre, non ho la frenesia e la smania di essere la diva della situazione circondata da persone che mi chiedono autografi».

Artista scevra dal richiamo del Popol(ism)o e al riparo dalle tentazioni social, Consoli torna protagonista dopo un tempo decisamente inusuale rispetto alle logiche bulimiche dell’attuale mercato discografico, ma proprio questa lunga pausa le ha permesso di ripresentarsi con qualcosa da dire e da suonare e di farlo con creatività e sincerità e non è un caso se il tour di Volevo fare la rockstar sta attraversando la Penisola da Nord a Sud con sold out e trionfo di pubblico e di critica.

La voglia di fare musica, in maniera autentica e senza particolare cura delle esigenze dello showbiz, significa per Carmen Consoli fare della propria arte una parte della propria anima, non l’unica, non l’esclusiva “senza se e senza ma”, ma comunque irrinunciabile: Volevo fare la rockstar, lo “confessiamo” da subito, ha i tratti – pur con qualche incertezza – del capolavoro. L’artista catanese –  o etnea, come ama definirsi – alzando le aspettative sul suo ritorno in scena, ha ampiamente appagato le attese con, nello specifico, un concerto in grande stile e ricco di contenuti di (quasi) tre entusiasmanti ore, nonché, e più in generale, con un progetto che, sul solco tracciato da passato, presente e futuro, dispiega un percorso musicale e testuale intessuto di nostalgie, riflessioni e speranze

E se i pensieri e le emozioni dell’album sono intimi e allo stesso tempo estesi, vuol dire che Carmen Consoli sta riuscendo nell’impresa di concentrarsi sul proprio vissuto, senza dimenticare di far riferimento all’ecologia più ampia di cui come essere umani facciamo tutti parte. Questo oscillare consapevole, poetico e ferino trova forma e sostanza in primis negli unici brani – tra i più significativi – partoriti durante gli anni di pandemia, vale a dire in Volevo fare la rockstar, Armonie numeriche, che originariamente era stata scelta come title track, e Imparare dagli alberi a camminare, pezzi con cui ha “chiuso” un disco in realtà già pronto un paio d’anni prima.

Nella prima, Consoli ricorda anni scolastici interminabili come «un treno Catania – Trieste» e duri per la rieducazione del mancinismo («scrivevo con la sinistra»). È un racconto di sé a partire dall’infanzia, una narrazione tra sogni e memorie di un contesto di dolcissime abitudini familiari dove «il sole era caldo a novembre», quando «si faceva merenda in cortile» e «all’uscita trovavo mio padre / e andavamo a comprare il pane», mentre la «mamma aspettava a casa e preparava da mangiare». Ma l’immagine non può essere di ingenuo romanticismo perché, proprio mentre lei sentiva ruggire lo “spirto guerrier” e scopriva di voler «fare la rockstar / difendere Caino ed affrontare l’uomo nero», «andare in America / e fare bolle enormi con le gomme alla fragola», la Sicilia, l’Italia e la Terra venivano sconvolte da «strage e depistaggi», dagli «infausti gradini di scala Mercalli» (l’Irpinia), dalla «guerra fredda» e da «Wojtyla ferito tra urla e rosari». Provando a ricomporre un’anima divisa e lacerata, la piccola Carmen che diventa grande fa della musica lo “strumento” di cura e di tutela delle proprie radici e dà forma a una storia di intensa meraviglia e consapevole stupore. Sarà la musica il suo riscatto, innanzitutto di sé stessa di fronte a ciò e a chi le sta attorno, ed è la stessa Consoli ad ammettere – con sconcertante e non banale sincerità – di aver imparato da adolescente «a voltarmi / dall’altra parte, guardare altrove», mentre «vincevamo i Mondiali» e «Cosa nostra colpiva al cuore / con metodo e precisione».

Raccontare la tradizione e le origini in Armonie numeriche significa poi omaggiare colui al quale è dedicata, quel Giuseppe che fu per Carmen autorevole esempio di musicista («Ed è così che sei venuto a ricordarmi / Che nella vita il talento è un dono importante / Ma niente di più di una bella promessa / Senza l’impegno e la coerenza»), padre amatissimo («Ed è così che ti ho voluto preservare /Fino al mattino e i primi rintocchi di campane / E un raggio chiassoso di luce rompeva il silenzio /E già dovevi andare») e imperitura presenza («Ed avrei voluto chiederti / Se ti aspettavi questo da me / E se i sogni e le armonie numeriche/ Ci parlano di un mondo possibile /Ed avrei voluto stringerti a me»).

Con il padre, altro protagonista è il figlio, sia del nel videoclip di Una domenica al mare (invito a riflettere che «se solo ci fermassimo a respirare col cuore / se solo ci fermassimo ad ascoltare col cuore  […] Riaccenderemmo i sogni e i lumi della ragione […] saremmo un po’ più liberi di scegliere e amare»), sia e soprattutto nella deliziosa melodia d’antan de Le cose di sempre, dove la protezione dell’amore materno («Chiudi gli occhi amore mio, nulla può succedere») si fa appello antispecista («Come posso figlio mio insegnarti a rispettare / Le idee e le debolezze altrui le piante e le zanzare / In questa giungla inospitale in cui a dettare legge è il predatore / Il mito della clava e del terrore») e inno a una responsabile libertà («Come faccio figlio mio a dirti dove andare / Proprio io che non mi sono mai saputa orientare / In questa selva sconfinata e oscura avvisteremo l’orizzonte / Saluteremo insieme questa notte»).

Accanto ai cult spaccacuori come Confusa e felice, Amore di platica, Contessa miseria, Fiori d’arancio e Parole di burro, e alle “politiche” Mago magone e L’uomo nero, brillantemente sarcastica la prima, più didascalicamente antisovranista la seconda, meno riuscita, invece, è apparsa la versione di Stranizza d’amuri, la quale, tuttavia, grazie all’accompagnamento in proiezione di alcune tra le più belle citazioni sull’amore di Franco Battiato, si è fatta ricordo tanto discreto e commovente, quanto straordinario di chi, per la capacità di rendere il pop organico a un linguaggio colto e sperimentale, è stato i più grandi di sempre.

Non andremo oltre in questa analisi dei singoli brani, perché l’esperienza di un concerto va vissuta in prima persona e il suo racconto potrebbe essere noioso, ma faremo un piccolo appunto critico sull’organizzazione di un allestimento diviso in tre differenti atti musicali (I sogni, Gli anni mediamente isterici, L’amicizia), ognuno dei quali eseguito da formazioni diverse (prima con il solo Massimo Roccaforte alle chitarre; poi con Marina Rei alla batteria, che ha cantato anche la propria Donna che parla in fretta; infine con entrambi) e con scenografie differenti (rispettivamente videoclip dell’album, giochi di luce e una “ecologia di intimità”).

Con Volevo fare la rockstar, Consoli si conferma non solo Cantantessa e Musicista con la C e M maiuscole, ma anche Autrice di inaudito spessore. La sua voce, da tempo matura e sempre fresca, sa perfettamente quando essere struggente o potente, sofferente o grondante di energia, così come i suoi arrangiamenti sanno sapientemente giocare con campionamenti, loop, armonie dissonanti e melodie eterogenee, mentre la capacità di scrittura alterna metriche originali a liriche più orecchiabili.

Per questo, le alterne fortune dei duetti con Roccaforte, suo storico collaboratore, troppo pulito nei momenti in cui le distorsioni sarebbero dovute essere più graffianti, e con Rei, più scenografica che virtuosa, hanno paradossalmente costituito non il valore aggiunto sperato, ma un limite su cui auguriamo che Carmen Consoli possa operare, magari optando per soluzioni orchestrali o, ancora meglio, da solista, tali sono il magnetismo e il protagonismo di cui la sua voce, la sua esecuzione e i tuoi testi sono capaci.

Il concerto si è svolto
Teatro al Massimo
Piazza Verdi, 9, 90134 Palermo

Volevo fare la rockstar
Carmen Consoli, voce e chitarre
Massimo Roccaforte, chitarre e mandolino
Marina Rei, batteria

Scaletta
1. Sta succedendo
2. L’aquilone
3. Una domenica al mare
4. Mago magone
5. Le cose di sempre
6. Qualcosa di me che non ti aspetti
7. Armonie numeriche
8. Imparare dagli alberi a camminare
9. L’uomo nero
10.Volevo fare la rockstar
11.Per niente stanca
12.Besame Giuda
13.Geisha
14.Fino all’ultimo
15.Donna che parla in fretta
16.L’ultimo bacio
17.Confusa e felice
18.Contessa miseria
19.Venere
20.Stranizza d’amuri
21.In bianco e nero
22.Blunotte
23.Fiori d’arancio
24.Orfero
25.Parole di burro
26.A finistra
27.Amore di plastica

Tour continua
18 dicembre 2021 – PALERMO – Teatro Al Massimo
26 dicembre 2021 – ROMA – Auditorium Parco Della Musica
27 dicembre 2021 – ROMA – Auditorium Parco Della Musica
6 gennaio 2022 – CAGLIARI – Teatro Lirico
7 gennaio 2022 – CAGLIARI – Teatro Lirico
8 gennaio 2022 – SASSARI – Teatro Comunale