Gli scout e la resistenza

Presentato al Giffoni Film Festival e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, l’esordio cinematografico di Gianni Aureli omaggia il mondo dello scoutismo raccontando una storia universale, con un occhio alle nuove generazioni, cui si perdonano difetti di scrittura e semplificazione narrativa.

Ventennio fascista.
Mussolini mette al bando le associazioni di cittadini che non fossero sottoposte al diretto controllo della polizia. Gli scout non fanno eccezione.
Un gruppo di giovani del milanese però non si rassegna a quell’assurda ingerenza politica e decide di continuare a incontrarsi in clandestinità nella remota Val Codera.
Allo scoppiare della seconda guerra mondiale i tempi si fanno ancora più duri e la repressione sempre più violenta. Gli scout che non vengono mandati al fronte decidono di unirsi alla resistenza e cercano di salvare il maggior numero possibile di persone dai rastrellamenti fascisti e dalle leggi razziali. Ma ogni battaglia ha un prezzo da pagare.

Quella delle Aquile Randagie, nome in codice di uno dei più famosi gruppi scout del ventennio che si opposero al regime, si aggiunge con merito a migliaia di altre storie che raccontano la resistenza italiana durante il secondo conflitto mondiale. Una storia di coraggio, di sacrificio e di altruismo rievocata da Aquile Randagie, prima pellicola ispirata alle specifiche vicende storiche e pensata per il grande schermo. Progetto dalla lunga gestazione, arriva in sala a un anno dalla morte di don Giovanni Barbareschi (avvenuta nell’ottobre 2018) dopo un applaudito passaggio al Giffoni Film Festival, e segna l’esordio nel lungometraggio del regista (già teatrale e di corti) Gianni Aureli.
L’elemento che per primo salta all’occhio è il trasporto che ammanta ogni scena. Il risvolto positivo di un approccio così emotivo è la trasparenza della genuinità e delle intenzioni. Trasparenza che fortunatamente non sfocia in un’eccessiva autoreferenzialità o nella sfacciata autocelebrazione.
Pur prestando il fianco a un quadro parziale, Aquile Randagie non nasconde la sua natura di prodotto indipendente, anzi punta a farne un motivo di vanto. Non si può però negare che tale approccio porti in dote alcune ingenuità narrative. Quella più evidente consiste nell’eccessiva semplificazione della scrittura, che si focalizza sugli archetipi piuttosto che abbracciare la totalità. A fronte di protagonisti un po’ ingessati ma sinceri e sfaccettati, i personaggi secondari diventano semplice veicolo di concetti (alti o bassi a seconda dei casi), poco più che comparse atte a veicolare assoluti. Il target giovanile della pellicola forza la mano su linearità che, pur comprensibili e tutto sommato perdonabili, non possono che far storcere il naso allo spettatore adulto.
Aquile Randagie si affida a un cast giovane e in gran parte esordiente, optando per un basso profilo produttivo che lavorasse soprattutto di idee e fosse condito di paesaggi alpini mozzafiato. Lontano dall’essere (e dal voler essere) un capo d’opera, ha il pregio di raccontare una storia universale di onore, resistenza e lotta contro l’oppressore e l’ingiustizia. Per parafrasare uno dei protagonisti, riafferma come non serva essere fascisti per amare la patria. Un monito che, in un periodo che vede affiorare nel mondo nazionalismi sempre più estremi, non può che offrire un ulteriore spunto di riflessione.

Titolo originale: Aquile randagie
Nazionalità: Italia
Anno: 2019
Genere: Drammatico, storico
Durata: 107′
Regia
: Gianni Aureli
Interpreti principali: Teo Guarini, Alessandro Intini, Romeo Tofani, Ralph Palka, Marco Pratesi, Anna Malvaso, Marc Fiorini, Matteo Andrea Barbaria.
Sceneggiatura: Gianni Aureli, Gaia Moretti, Francesco Losavio, Massimo Bertocci
Produzione
: Finzioni Cinematografiche, Istituto Luce Cinecittà, Francesco Losavio
Distribuzione
: Istituto Luce Cinecittà

Nelle sale italiane da lunedì 30 Settembre 2019