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Slipstream – Nella Mente Oscura Di H

Recensione: Slipstream – Nella Mente Oscura Di H

L’esperienza (nel senso più ingenuo e meno filosofico di consuetudine, abitudine ad una ripetizione) mi ha insegnato che i film con Anthony Hopkins sono noiosi e soporiferi (a parte Il Silenzio degli Innocenti, of course). Figuratevi voi cosa può essere un film in cui Hopkins è attore, regista, sceneggiatore e compositore musicale?
!

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDUna tortura ancora maggiore se si pensa che come debutto alla regia il vecchio lupo gallese ha scelto un film che definire surreale è quasi dargli un senso. Ora, lasciando stare i paragoni che verrebbero fin troopo facili con Mullholand Drive E Lost Highways di Lynch (inarrivabile, non confondiamo l’oro con la paglia), dobbiamo ammettere che risulterebbe altrettanto una forzatura intellettualistica far finta di aver capito il film ricorrendo a escamotage da critico navigato del tipo “assistiamo ad una frammentazione della trama speculare alla dislocazione dell’io narrante che smarrisce il contatto con la realta’ in universo di citazioni e confusioni di identita’ fra il sè che parla e i soggetti rappresentati nel deserto (fisico e metaforico) dell’incomunicabilita’ profonda di un uomo amalgamato con la propria professione di sceneggiatore e vittima di questa.”

No.

Questo film è (solo) una boiata pazzesca.
Patinata. Ben fotografata (Dante Spinotti) e sapientemente interpretata (Turturro e Slater su tutti). Ma una boiata. Dato che, se non l’avevate capito, quella fra virgolette è la trama dell’opera, conviene riconoscere a Hopkins una certa ironia (voglio sperare che sia ironia) nel fare del “abbiamo perso la trama” la frase feticcio ascoltata spesso durante il … (non so cosa, riempite i puntini secondo fantasia e sensibilita’ personale, ma definirlo film è dura). La produzione di Slipstream è l’unica cosa in cui Hopkins non sia coinvolto in prima persona, ma restiamo in famiglia; al timone troviamo la signora Stella Arroyave (moglie di Sir Anthony)  – che recita pure – e Robert Katz, produttore, tra gli altri, del premio Oscar 2006 “Crash – Contatto fisico” e di “Prime”, storiella semplice semplice con la Thurman e Maryl Streep. Di buono c’è l’incredibile fiducia con cui gli attori si affidano al loro regista, e credono in questo impressionante progetto, che pur essendo un gran macello (se vogliamo) denuncia una spericolatezza che ci si aspetterebbe da un neofita, piuttosto che da un anziano signore che tutti immaginano appartenere alla vecchia guardia.

Eppure, nonostante questa apparente forza, l’opera è meno dirompente di quanto pretenderebbe, e puzza (da morire) di finto ribellismo ai canoni istituzionali.

Slipstream è (a suo modo), retorico, ripetitivo, citazionistico in modo immorale perché dissimulato. C’è una liturgia in Slipstream, un copiare strutture espositive sui generis (Lynch, appunto, ma nache Aronofsky o Linklater), solo lo fa (e questa è una sentenza senza appello) nel peggiore dei modi possibili, ovvero in un trionfo autocompiaciuto dell’immagine bizzarra senza suggestioni, emozioni ed empatia, ma anche e soprattutto per via di un finale consolatorio, riumanizzante e (diciamolo) sciocco e frettoloso, che da’ il colpo di grazia a tutta l’impalcatura (e allo spettatore).Slipstream – Nella Mente Oscura di H: Perché?

Nota: di Roberta Monno
Slipstream – Nella Mente Oscura Di H

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