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L'Uomo Che Fuggì Dal Futuro

Recensione: L’Uomo Che Fuggì Dal Futuro

Prima della saga di Star Wars, prima della trilogia di Indiana Jones con cui George Lucas è entrato a buon diritto nella storia del cinema, ma forse anche nella Storia e basta, troviamo come film d’esordio della carriera del regista-produttore americano un piccolo capolavoro della fantascienza anni ’70: THX1138 (in Italia distribuito come “L’uomo che fuggì dal futuro“), film che prende spunto dal cortometraggio con cui Lucas si laureò alla facoltà di cinema dell’Università della California, e liberamente ispirato al romanzo di George Orwell1984“.

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDLa storia è ambientata in un futuro postatomico in cui l’umanità è costretta a vivere nel sottosuolo e in cui ogni aspetto dellla vita è affidato alle macchine, scelte come rifugio dalla violenza della natura umana. Alla popolazione è somministrato un farmaco che soffoca le emozioni forti come l’amore, la paura o la rabbia, ma anche l’istinto sessuale. Ovunque campeggia un enorme volto maschile, rassicurante icona-guida che ricorda molto da vicino il “grande fratello” orwelliano. Il protagonista della vicenda è il THX1138 del titolo (anche i nomi sono banditi, le persone sono appellate con sigle di numeri e lettere) interpretato dal bravissimo Robert Duvall, che improvvisamente smette di assumere calmanti e si innamora, ricambiato, di una donna (LUH3417): sarà l’inizio di un viaggio che lo porterà a fuggire dal suo mondo e tornare in superficie. Il film è uno degli adattamenti più riusciti del romanzo di Orwell, forse perché Lucas sa quando distaccarsi dal testo e quando invece usare gli elementi narrativi funzionalmente al racconto filmico. Mentre 1984 denunciava i pericoli di un mondo dominato dai regimi totalitari, la preoccupazione di Lucas è quella di costruire una metafora della disumanizzazione della moderna società occidentale. Le idee più belle e originali sono però tutte frutto dell’immensa immaginazione del geniale regista americano: la scelta di usare scenografie completamente bianche, abbaglianti, che provocano una certa inquietudine nello spettatore, perché suggeriscono l idea di un mondo potenzialmente senza confini; lo scorrere sullo schermo di cifre e simboli che sembra avere lo scopo di sottolineare la dimensione di meccanizzazione disumana della società; il design delle guardie robot che ricorda vagamente quello del simpatico robot protocollare di Star Wars D3Bo. Malgrado gli effetti speciali siano ridotti al minimo il film ha un fascino suggestivo che anche oggigiorno pochissimi prodotti di Hollywood possono vantare e conferma come Lucas abbia dato il meglio nella sua carriera quando è stato costretto a creare in economia di mezzi. Anche la trilogia originaria di Guerre stellari, che non poteva usufruire dell’ausilio della computer grafica, deve la sua fortuna all’ingegno del regista che con soluzioni quasi artigianali e una fluidità di racconto fuori dal comune, è riuscito a dare vita ad un universo credibile, capace di coinvolgere generazioni di appassionati.è probabilmente questo il motivo per cui molti affezionati hanno storto il naso davanti agli episodi più recenti:ad un uso smodato degli effetti speciali non corrisponde la stessa cura nella progressione degli eventi.Una curiosità: THX1138 è la sigla con cui Lucas ha chiamato il sistema sonoro per sale cinematografiche messo a punto dalla sua società,la Industrial Light and Magic.

Nota: di Giuliano Iaccarino
L’Uomo Che Fuggì Dal Futuro

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