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Persepolis

Recensione: Persepolis

La storia vera di Marjane Satrapi in graphic novel, tra vita e storia per non dimenticare mai.

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDPersepolis nasce come fumetto, il primo fumetto iraniano ad essere pubblicato. La sua trasposizione cinematografica ha lo stesso ascendente nell’ambiente di riferimento, tanto da valergli il premio della critica a Cannes e una nomination agli Oscar come miglior film d’animazione (vinto poi dal frivolo ma comunque stupendo “Ratatouille”).

Questa autobiografia disegnata porta con sé un bagaglio emotivo incredibile, che probabilmente con attori in carne e ossa avrebbe perso molto in veridicità.
La storia di Marjane si intreccia a quella dell’Iran dal 1978, vivendo in prima persona la rivoluzione che porterà all’istituzione della Repubblica Islamica, e alla successiva guerra, un panorama politico in fermento che la vede diventare donna tra molti ostacoli e dolorose separazioni.

Un’educazione moderna contrapposta a una società all’improvviso immobile e senza memoria; l’oriente, come sua terra d’origine e di conflitto interiore ed esteriore, contrapposto all’occidente, libero ma allo stesso tempo incapace di inglobarla e comprenderla, libero ma allo stesso tempo fautore indiretto e spettatore privilegiato della tragedia della sua terra, libero ma allo stesso tempo pieno di trappole costituite da molteplici individui, che non trovano più una ragione d’esistenza collettiva e si perdono nel labirinto dell’individualità senza capo né coda.

Nel film tutto è reale, dalle musiche ai riferimenti storici. L’uso dell’animazione non svolge un ruolo di mediazione rassicurante, ma al contrario accentua i climax della vicenda. Del resto per rappresentare una guerra non serve vedere il sangue dei morti ma gli occhi dei vivi, e la delicatezza con cui l’animazione rende questi momenti lascia allo spettatore molteplici possibilità di interpretazione.

Lo stile scelto per l’animazione è scarna ma di effetto, con i soli bianco e nero e vari giochi di luce, ma a una storia così ricca non serviva nient’altro. In ogni caso nei disegni c’è una scelta stilistica d’ambiente propriamente cinematografica, che da il giusto ritmo e la giusta atmosfera.
Se i disegni rendono benissimo il dolore, fanno altrettanto per l’umorismo, caratteristica principale della protagonista, e unico elemento messo in evidenza dai trailer ufficiali. L’umorismo è una chiave di lettura che aiuta Marjane a dissacrare tutto ciò che è spacciato come verità, e da una mano anche allo spettatore per leggere la storia senza patetismo.

Alla fine del film si possono trovare molti punti di vista da cui trattarlo. Lasciando perdere il più ovvio in questi tempi di presunte o no minacce terroristiche e guerre preventive tra occidente e oriente, vorrei soffermarmi sui due contenuti che secondo me hanno più valore: in primis questa resta la vicenda molto personale di una donna tra alti e bassi di ogni genere, la cui esperienza racconta come il dolore e la felicità non siano parametri certi a cui ci si può aggrappare con superficialità; in secondo luogo questa storia è un inno alla memoria storica, come unico vero appiglio per la libertà di pensiero, tema su cui persino l’Italia ha bisogno di sollecitazione.

Probabilmente si è già capito che il film mi è piaciuto tanto, e non solo in quanto amante dei film d’animazione. Purtroppo ho l’impressione che non ha avuto il seguito che meritava.
Pazienza, questo lo rende ai miei occhi ancora più bello. Ulteriori informazioni su Persepolis 

Nota: di Rosanna Migliore
Persepolis

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