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Non E' Un Paese Per Vecchi

Recensione: Non è Un Paese Per Vecchi

Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, che hanno letteralmente stracciato la concorrenza, agli Academy Awards del 2008 facendo un pieno di Oscar (miglior regia, miglior attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale) è un film crudo e profondo , tratto dal libro omonimo di Corman Mc Carthy. L’io narrante iniziale è quello di uno sceriffo, che racconta l’apparentamento con la legge, quindi la legge stessa, immediatamente attraversata dall’incognito, dal male.

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDLa tesi e l’antitesi, i fratelli Coen ci hanno abituato ad un cinema di gran classe, la filosofia (sono entrambi laureati infatti in questa materia) applicata la cinema e allo specifico filmico. Un cacciatore, Llewelyn Moss si spinge oltre e mirando non capisce se ha o meno ferito una preda che, in branco fino a pochi minuti prima pascolava . Una scia di sangue animale inizia a segnare il percorso che è il film stesso (ricordiamo sempre l’esordio dei fratelli Coen in Italia, almeno, con “Simple blood”). Questo inseguimento porta il cacciatore in una scena che è quella di un mattatoio . Un regolamento di conti fra narcotrafficanti, da una parte, sul furgoncino, la merce, dall’altra la valigetta col denaro, più in là. Dopo un dubbio iniziale la decisione è quella di scappare col denaro, salvo poi, passare una notte tormentata e recarsi di nuovo sulla scena del delitto, una scena del delitto che lo comprometterà, e che ha i connotati della coazione a ripetere sempre gli stessi errori, come un rito (umano troppo umano?
). E così che la morte, travestita da un killer (Javier Bardem) prorompe come una macchina mortifera, andando oltre il cinema e travolgendo la vita. Una moneta, testa o croce, è questo il senso (dunque la casualità dell’esserci) . Puoi anche non farlo, dicono le future vittime, la morte risponde che dicono tutti così. Il film analizza i confini come un cielo che è attraversato da una pennellata rosa all’inizio del giorno, la dialettica degli opposti, la stanchezza di combattere, rappresentata dallo sceriffo (Tommy Lee Jones) che programma ciò che avverrà senza riuscire ad evitarlo, sfiorando la morte senza vederla, senza rincorrere un killer che pare conoscere bene, il killer che ad un certo punto, stranamente sorride, perché appagato dal carosello di sangue e sofferenza che procura. Ad un certo punto il cacciatore , come può dire di essere un reduce del Vietnam (1964-1975) a 37 anni al massimo?
Tutto par divenire un gioco da videogame, con personaggi nuovi che soppiantano quelli vecchi e che rubano la valigia l’uno all’altro (ma non con le mutande come “Il grande Lebowski”). Ma non reagiamo più perché questa violenza sociale ci ha abituati fino ad appiattirci in essa.Llewelyn Moss, con la valigia dei quattrini , rincorso dal killer che si ingegna a dribblare, sventagliate di pallottole, la guerra è qui, ecco il messaggio… alla fine le cose vanno come devono andare , ma non è questo lo spettacolo a cui i fratelli Coen sono interessati a mostrare e a farci seguire. La macchina-morte sopravvive, non prima di avere portato altra corruzione e devastazione morale attorno a sé. Chissà se con questa raffica di pugni allo stomaco premiata con le ambite statuette reagiamo a questa indifferenza in cui siamo complici?

Nota: di Roberta Ricci
Non è Un Paese Per Vecchi

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