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The Departed – Il Bene e Il Male

Recensione: The Departed – Il Bene e Il Male

Un criminale infiltrato nella polizia. Un poliziotto infiltrato tra i criminali. Ad ognuno verra’ chiesto di svelare l’identita’ dell’altro per avere salva vita e carriera. E se pensate che le due vite si mescolino ancora poco, beh, entrambi vanno a letto con la stessa donna.

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDQuesto è l’intreccio che muove un film in perfetto stile Scorsese: dialoghi secchi (a tratti lievemente surreali) che strizzano l’occhio ad un frasario di tipo western metropolitano. Molto sangue, molte pistole che sparano all’impazzata, ammazzando praticamente tutti quelli che muovono questo teatro incomprensibile e mortifero. Il film è ispirato al campione d’incassi asiatico “Infernal Affairs“, e vede al timone insieme a Scorsese “la solita”  Telma Shoonmaker, sua stretta collaboratrice fin dalla notte dei tempi (Toro Scatenato, per capirci). Ora, dato che quest’opera è stata premiata quanto più non si poteva, e verra’ inserita negli annali della storia del cinema per essere “il film con cui -finalmente- il perdi tutto Scorsese vinse il suo agognato Oscar”, devo fare autocritica e ammettere che amare o non amare questa pellicola vuol dire amare o rifiutare Scorsese. E io lo rifiuto. Ne ignoro le caratterstiche grandiose che a me paiono altresì grottesche raffigurazioni di un’umanita’ manichea – il bene e il male appunto-, che nulla restituiscono delle atmosfere noir, sofisticate e complesse di un thriller che voglia dirsi tale (penso a L. A. Confidential, per citare uno stile paragonabile a quello del cineasta italoamericano). Mi sfugge persino la violenza in un’opera che gronda (ettolitri di) un sangue rosso fuoco più simile a un momento splatter di Dario Argento che a un qualcosa che voglia minimamente apparire drammatico e toccante. Mi sfugge il senso ultimo di un’opera che non vibra (o almeno non fa vibrare nulla in me), e si incalza in un susseguirsi di eventi prevedibili che suonano studiati a tavolino, incollati scientificamente in una scrittura gia’ vista, gia’ annusata altrove in contesti sicuramenti più brillanti (mi viene in mente il capolavoro di Bryan Singer, I Soliti Sospetti, di cui The Departed cita liberamente più di un passaggio, rievocando suggestioni e ambientazioni, oltre che l’idea di fondo che nessuno è come appare e non bisogna fidarsi mai di chi ci sembra buono o inerme). Ho sentito urlare al genio e ho tremato, perché allora deve sfuggirmi ancora più di quanto detto fin’ora. La figura accentratrice di Frank Costello (il boss intorno alla cui cattura tutto ruota), è sì potentemente interpretata dal magniloquente Nicholson, ma diciamolo, è tutta farina del sacco di Nicholson e nulla più (la leggenda narra che durante la realizzazione di una scena, Di Caprio, che subiva le minacce del criminoso “capo”, si sia realmente spaventato, e abbia provato terrore autentico alla vista degli occhi spillati d’ira del brillante Jack che lo fissava ringhiando senza tregua). Ma anche qui nulla di nuovo sotto il sole: la figura un po’ paterna e un po’ assassina di Frank Costello non ripropone forse un mix di “delinquenti” d’eccezione, da Al Capone di De Niro a Vito Corleone di Brando, passando per il più recente psicopatico e carismatico Amin di Whitaker ne L’Ultimo Re di Scozia?
E il ruolo affidato a Di Caprio non rievoca proprio il Danny Archer di Blood Diamond, un uomo disposto a compiere un ultimo, estremo sacrificio, nella speranza di cambiare la propria vita per sempre?
Sia il personaggio di Archer che quello di Billy Costigan fanno quello che fanno in nome di “un ultima volta”, un ultimo errore ammissibile a patto di poter scappare (dal Sudafrica Archer, da Boston Billy), per riacchiappare altrove la propria vita e la propria identita’. Ad entrambi spetta la stessa, gloriosa sorte. Il Colin Sullivan di Matt Damon è così scialbo e insignificante da non costituirsi nemmeno come parodia del pur non troppo credibile Tom Ripley, e questo attore (insieme al suo degno compare Ben Affleck), si guadagna (per ciò che mi riguarda), un posto d’onore nello sciocchezzaio di Hollywood, che ogni tanto si trova costretta a rigurgitare i suoi errori di percorso (Affleck appunto, ma anche la Lohan e tanti altri), quasi a dover pagare il pegno di aver dato loro la vita.  The Departed è un film inutilmente lungo, contorto senza essere complicato e senza avere realmente nulla di degno da dire. è un opera che ricicla cliché di genere a cui toglie qualsiasi forma di dinamicita’ e movimento (il cinema di Scorsese è un cinema immobile, a mio parere statico e poco sperimentale. Un lineare che fa rima con banale). Pensate alla figura strategica del capitano Oliver Queenan (teneramente interpretato da Martin Sheen): cos’èse non un atto di purismo in piena regola?
Il capitano rompiballe che però alla fine è buono e che dunque muore per la causa (e dispiace talmente tanto che persino i suoi assassini commenteranno “Però dovevamo andarci piano. Quell’uomo era un duro!”, giusto per darvi un esempio del sopracitato gergo western metropolitano. Un po’ Chuck Norris un po’ Bruce Willis). Ma ragazzi, dov’è il genio?
Nel frullare tutti insieme elementi gia’ esistenti, immobilizzarli un po’ e dargli una lettura finale splatter, morale e religiosa?
è vero, io non apprezzo (e non capisco) Scorsese.
Venitemi incontro, si accettano suggerimenti.The Departed : Per gli amanti di Scorsese.La Frase: “Ridatemi la mia identita’!” Leonardo Di Caprio, The Departed, 2007.

Nota: di Roberta Monno< /i>
The Departed – Il Bene e Il Male

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