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Da Zero A Dieci

Recensione: Da Zero A Dieci

Da Zero a Dieci quanto daresti alla tua vita?
e alla prima volta che hai fatto l’amore?
Da zero a dieci quanto dai al tuo successo nel lavoro?
E alla tua vita sentimentale?

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDAl suono (a volte un po’ martellante) di questi interrogativi “cosmici” si snoda il racconto del secondo, struggente (o noiosissimo) film di Ligabue, artista a tutto tondo (concedetemelo) come non ce ne sono in giro.Baygon, Libero, Biccio e Giove sono quattro amici che vivono a Correggio (ma guarda un po’), hanno quarant’anni su per giù e delle vite abbastanza mediocri sulle quali rifletteranno per tutto il film.

Cosa fare dunque, se non organizzare un week end a Rimini, quel week end che esattamente vent’anni prima avevano iniziato a vivere ma che, per un motivo che rimarra’ sottaciuto fino alla fine del film, non avevano completato. I nostri invitano “le ragazze”, nel senso più anni 80 possibile.
Proprio quelle ragazze che avevano conosciuto a Rimini nel 1980, e che ancora si chiedono perché i loro amici fuggirono nel bel mezzo della vacanza, senza dare spiegazioni. Il cammino storico, esistenziale e di cronaca che intraprendiamo con la visione di questa strana e amarissima pellicola, risulta innervato di una morbida malinconia fin dall’inizio, fin dal fastidioso rincorrersi dei “compleanni” fittizi che ogni giorno Libero (un immenso Massimo Bellinzoni, direttamente dal bancone de Il Bello Delle Donne), decide di festeggiare. Ogni giorno, fra ironia dissacrante, prese in giro, affetto e un alone mortifero che aleggia sulla combriccola, Libero provvede a “realizzare il desiderio” di uno dei 4 amici (un regalo di compleanno, appunto), fin quando non arriva il turno dello stesso Libero che chiude la lista delle voglie da esaudire e dei voti da dare. La recitazione è magnifica e tutti se la cavano più che degnamente con ruoli non proprio lineari e semplici.
Molto bella la prova di un ancora acerbo Favino nella parte del gay romantico (quello che ogni donna vorrebbe per compagno), indimenticabile nella sena del “carro allegorico”, dove toglie il fiato per dignita’ e dolore espressi. Non lascera’ indifferente. A qualcuno strappera’ una lacrima.
Fra le donne menziono come migliore performance quella di Barbara Lerici, arrabbiata, energica e composta, è una nota di colore sopra le righe, mentre la Cavallotti si nasconde dietro labbra improbabili che vanificano qualsiasi tentativo di apparire seria.Stefano Venturi nelle vesti (calzanti, sicuri che reciti?
) di Baygon è poi il tipico personaggio alla Ligabue, sanguigno, “sborone”, schietto e poco raffinato. Un riff di chitarra aggressivo e a tratti stonato e fuori tempo (volutamente). La regia è presentissima (c’è persino un momento surreale e vagamente kitsch, in cui tutti insieme si propongono nel balletto – coretto di una canzone del Liga).  Ma è la nostalgia il vero marchio di fabbrica del musicista regista. L’attaccamento al passato che proprio non ci abbandona è una costante nel mondo di Ligabue, che più che in avanti si guarda sempre indietro, citando e parafrasando, a partire dal look, non propriamente “contemporaneo”. Era quindi troppo facile intuire che in qualche modo, ci sarebbe stato un filo diretto a legare questa seconda opera con la precedente “Radio Freccia”, ed ecco che il protagonista, Giove (uno Stefano Pesce pre RIS) viene presentato come il fratello di una vecchia conoscenza, Freccia, ovvero Stefano Accorsi, di cui Pesce è uno sbiadito fac simile, tanto da imporsi come il contributo recitativo meno convincente. In questo film ricorrono i grandi amori di Ligabue, inscenati come tessere che compongono il puzzle del suo mondo, animato da precise icone e figurine: atmosfere country e parlata “tipicamente centr’Italia”, lambrusco, ironia grezza e diretta, tanto colore e tanto blues, tanta poesia che non trascura pennellate di sogno e dolcezza in un’opera che si configura come più matura, più tetra e pensierosa. In fondo se Radio Freccia (che comunque proprio una passeggiata non era) parlava di diciottenni, Da Zero A Dieci racconta di uomini e donne adulte, e adulto è lo sguardo (pur sempre artistico e personale), con cui Ligabue rilegge un importante capitolo della vita e della storia d’Italia.

Non vi togliamo il gusto (acre) di scoprire come va a finire il film e il perché comincia (cosa ha impedito ai 4 buontemponi di completare la loro vacanza, venti anni fa?
), ma vi anticipiamo, per chi lo vorra’, l’incipit della storia, che come in Radio Frecia spesso si avvale di interessanti monologhi. Flussi incontenibili di pensieri che possono affascinare (come a me) o respingere. « Con i voti cominciano appena nasci: se vieni fuori con tutti i pezzi a posto, se piangi abbastanza forte e se sei sopra i 4 kg ti puoi beccare persino un 10 – altrimenti giù a scalare. Se sei precoce, se sei uno di quelli che iniziano a camminare e chiamare mamma prima dei dieci mesi ti possono dare anche un 9-9 e mezzo – altrimenti anche li si scende. Inutile dire che appena cresci e vai all’asilo, beh, lì si fa sul serio e i voti cominciano a fioccare. A scuola, ovviamente, devi fare i conti con l’esplosione, la compilation, il festival dei voti! Forse però il peggio deve ancora venire, perché poi ti aspettano per darti il voto per le ragazze con cui esci, per la macchina che hai, per la casa in cui vivi, per il lavoro che fai. Siamo qui per prendere e dare voti. Non c’è niente di male….
Se non c’è niente di male a smettere di fare ciò che vuoi per fare solo quello che ti fa avere buoni voti.
Da zero a dieci ho un presente da… 6… meno… meno. Ho un appartamento di 85 metri quadri, cabina doccia con bagno turco, letto giapponese… ho un’ulcera e un esofagite da 8 e mezzo…anche il mio passato remoto è da 8 e mezzo, quello più recente, da 6.
Ho avuto un fratello che qui in paese era un mito, se n’è andato qualche anno fa…si chiamava Ivan ma nessuno lo chiamava così.
Da più di 20 anni ho 3 amici che se volete ve li regalo tutti, anzi, se li portate via ci metto anche un motorola e il calendario con la Ferilli. Ho una moglie, Fabiana, una che ha mooooolta pazienza.
Ho un furgone dell’82, ci vado a fare le serate di blues col mio gruppo (sempre più raramente). Ho una carta d’identita’ che ogni tanto consulto… beati voi se sapete sempre chi cazzo siete Ho anche altra roba ma sta a vedere che adesso vi faccio il mio settequaranta. Ho un futuro da 9 o da 4.
Dipende da come mi alzo.
» Da Zero A Dieci: Amaro affresco che spesso strizza l’occhio al videoclip. Buona
prova di un regista sensibile.
La Frase: “Qualcuno, mi sembra Oscar Wilde, ha detto che essere immaturi significa essere perfetti. Beh, crescete voi, ragazzi, che sembrate farcela… io mi tengo il mio bel 10!” Massimo Bellinzoni, Da Zero A Dieci, 2002.

Nota: di Roberta Monno
Da Zero A Dieci

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