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Volevo Solo Dormirle Addosso

Recensione: Volevo Solo Dormirle Addosso

Il film di Cappuccio, tratto dal romanzo di Massimo Lolli, racconta la “lunga giornata particolare” (per modo di dire, perché in realta’ si tratta di un bimestre di atti reiterati e ripetuti), di un giovane medioman italico. Una sorta di via di mezzo  fra il Matt Damon di The Rainmaker, e il Tom Cruise di Jerry Mc Guire. Solo molto più patetico.

  SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDMarco Pressi viene incaricato di “segare 25 unita’” nei settori centrali dell’azienda dove lavora, ovvero come tentare di licenziare 25 persone cercando di restare simpatico ai più e vincere il Premio aziendale.
Non vi sveliamo come il film va a finire, per quanto possa apparire scontato fin dal primo tempo. L’opera del giovane cineasta parte spedita col solito buon contributo del bergamasco Pasotti, sempre allineato con i ruoli da tipetti sull’orlo di una crisi di nervi (sara’ un retaggio recitativo che si imprime a fuoco sulla pelle di chi lavora per troppe volte con Muccino?
).
I dialoghi sono ritmati e interessanti (come spesso accade alle sceneggiature che attingono a un romanzo), e particolarmente divertente risulta la funzionante parodia dell’anglofono frasario aziendale che ricorre in più punti e momenti.

Le logiche capitaliste e le pretese di internazionalizzazione dall’accento lombardo, paiono mettersi alla berlina da sè, e tutta la buona volonta’ del Pressi soccombe sotto l’evidente esclamazione della gelida cinesina, tuttofare del capo: “Voi italiani non sapete cos’è la competizione, cercate il compromesso.” Eh si, “fare il target”, “centrare l’obiettivo” con precisione chirurgica è quello che a noi, strateghi delle gimcane, tuttosommato non pare troppo essenziale. Cappuccio sembrerebbe contestare, dunque, la filosofia di vita dell’impiegato che “vive per l’azienda” mentre tutto il resto è noia, e filma con disgusto la trascurata vita sentimentale e affettiva di uomo che si accontenta di “dormire addosso” a una donna, e che confonde il gesto sbiadito con l’amore.

Il ritmo della narrazione viene scandito dai 25 licenziamenti: 25 colloqui, 25 modi di invitare gentilmente qualcuno a congedarsi, mentre la vita dell’aguzzino scivola in un baratro di disistima sempre più profondo.

All’avvicinarsi del “target” si amplifica il senso di sconfitta e frustrazione, un fallimento esistenziale da cui il personaggio di Marco Pressi (definito affettuosamente Muerto dalla fidanzata, una Capotondi ben in parte nel ruolo della bamboccia isterica), non uscira’ nemmeno in finale, chiudendo il film con una batttuta che lascia poco spazio alla fantasia: “Devo solo lavorare!”

Tuttosomato non si ha la sensazione di aver buttato 95 minuti del proprio tempo, per quanto è pur vero che la pellicola possiede una non trascurabile debolezza: essere vagamente ripetitiva e non vivere alcuna svolta, di storia come di narrazione: sia il rapporto con l’azienda che quello con la fidanzata (che quello con l’amante e la famiglia, lievemente accennati), restano identici a loro stessi per tutto il corso d’opera, e non assistiamo a sostanziali e vere trasformazioni.
Un unico atto, un’unica sensazione di sprezzo e inadeguatezza, reiterati ad libitum. Volevo Solo Dormirle Addosso: Buon esempio di cinema nostrano incentrato su dialoghi e recitazione, piuttosto che su azioni.La Frase: “Dietro ogni fallito c’è una grande zoccola!”, Maurizio Pompella, Volevo Solo Dormirle Addosso, 2004. 

Nota: di Roberta Monno
Volevo Solo Dormirle Addosso

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