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L'Ultimo dei Mohicani

Recensione: L’Ultimo dei Mohicani

Questa è probabilmente l’opera più riuscita dell’intera carriera di Michael Mann, la più maschia e avvenente prova recitativa di Daniel Day Lewis, la più solenne dimostrazione di quanto noi italiani siamo dei meravigliosi artisti nella fotografia (Oscar per Dante Spinotti), la più monumentale composizione di Jones & Edelman, ispirati in maniera indicibile

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDC’è da contare la presenza di una struggente Madeline Stowe nei panni della perlacea Cora, personaggio che rappresenta, anche per lei, un po’ il culmine della sua carriera. Detto questo non resta che definire questo film una perla degli ultimi vent’anni di cinema, un capolavoro destinato a inscrivere un solco nel terreno del cinema di genere e non, un bagaglio di suggestioni e “scene madri” che hanno fatto scuola, che si sono trasformate in icone recuperate dalla fantasia di molti altri registi in tanti altri film, da Apocalypto al Signore degli Anelli… Ritroviamo sempre una scena da “L’Ultimo dei Mohicani”, e la riconosciamo sempre. La storia narra le gesta (eroiche ovviamente, ma senza esagerare) di Nathan (Day Lewis) che, allevato e cresciuto come un Mohicano, si invaghisce della figlia del capitano inglese Munro, in lotta con i francesi per il controllo delle terre al confine col Canada, nei pressi del fiume Hudson.
Insieme a padre e fratello (Eric Schweig, a sua volta invaghito della sorella della Stowe) sara’ l’ombra buona delle fanciulle, inseguendole e proteggendole nel districarsi di sanguinosi fatti di guerra.
Per inciso, non è Day Lewis l’Ultimo dei Mohicani (come molti erroneamente credono), ma Chingachgook, suo padre adottivo, estremo sopravvissuto di una fiera casta di pellerossa, che si augura una “veloce morte”, in modo da raggiungere il Consiglio del suo Popolo, tra cui siede  il figlio Unchas, perso durante gli eventi narrati. Il film può annoverare dei difetti (costumi non proprio fedeli, dialoghi spediti e un frasaio alquanto anacronistico), ma si distingue dal punto di vista emotivo, catturando e avvolgendo lo spettatore anche e soprattutto con musiche stellari.
Jones & Edelman realizzano qualcosa di epico, colossale, monumentale e immenso. Navigano a gonfie vele in uno stato  di grazia  perfetto  e inarrivabile, forse anche per loro stessi. La soundtrack sostiene un film che trabocca di passione, passione per una donna, per l’abbraccio di un uomo, per un soffio di liberta’ anche se solo accennata e mai vissuta completamente, passione per una natura selvatica, mitica e amica.
L’intreccio amoroso fra i due protagonisti è centrale e sembra lasciare a tratti in penombra l’aspetto storico del film, che risente il fiato corto di una sceneggiatura (e di una regia) pienamente focalizzata sulle dinamiche passionali innestatesi tra l’energica e sensuale Cora, e il coraggioso e protettivo Nathan (l’avambraccio di D. D. Lewis che cinge l’intera figura di Madeline Stowe ha assunto col tempo caratteri mitici e di pura iconografia hollywoodiana). Non mancano le ingenuita’ (anche qui, come in molti hollywood movie  i nostri sono belli e sani, mentre gli Uroni sono cattivi quindi affetti da bruttezza sconvolgente), ma questa è solo in parte un opera sull’assedio di Fort Henry.
I primi piani frequenti, il grande spazio concesso ai sentimenti e ai temi della famiglia e della fedelta’ (nel senso più romantico e romanzato), riportano un lungometraggio d’ampio respiro e poco legato sia ai libri di storia che al romanzo di J. Fenimore Cooper da cui Mann trae spunto (ma solo spunto).L’Ultimo dei Mohicani: meraviglioso susseguirsi di suggestioni visive e sonore, una storia d’amore con uno sfondo pitturato dal premio Oscar Spinotti. Per chi ama i film in costume ma non si fossilizza sui dettagli.La Frase: “Non cercare di capirli, e non cercare di fare in modo che loro capiscano te.” Daniel Day Lewis, L’Ultimo dei Mohicani, 1992.

Nota: di Roberta Monno
L’Ultimo dei Mohicani

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