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Buongiorno, Notte

Recensione: Buongiorno, Notte

Dopo aver viso Buongiorno Notte mi chiedo a cosa ho effettivamente assistito? A un opera storica o di sfrontato revisionismo storico?

Ad un originale viaggio nei meandri dei conflitti irrisolti della mente di un uomo che non ha sanato i rapporti con un padre prematuramente scomparso?

Ad un racconto surreale o a una metanarrazione in cui regista, sceneggiatore e oggetto sceneggiato si confondono? Mi indigna il pensiero che un film che si arroga il diritto di trattare una vicenda incandescente come questa sia stato esaltato per le sue caratteristiche oniriche e Universali, e che non vi sia stata alcuna voce fuori dal coro a decantarne le assurdità e le offensive imperfezioni. Ebbene mi perdonerete se tento questo impervio sentiero, ma questo film è quanto di più arrogante, furbo e disonesto ci sia sul mercato.   Intrecciare verità e finzione poetico-narrativa sul fantasma della vicenda  Moro è un gioco sporco in quanto gli esercizi di stile del regista ingannano lo spettatore con dissimulazioni e continue confusioni di tracce.

Si perché qual è la traccia di questo film? Impossibile dirlo con certezza! Ci troviamo di fronte a una vicenda storica con tanto di telegiornale che ci mostra i veri servizi dell’epoca, colori e abiti perfetti, fotografia da manuale e una macchina da presa che strizza l’occhio al documentario. Non interpreta ma registra impietosa, o almeno questo è quello che ci sembra durante la prima parte del film. In seguito siamo bersagliati da svariati altri elementi e affiorano le più impensabili chiavi di lettura: riprendiamo contatto con la citazione poetica del film, la dimensione metanarrativa incarnata dal giovane scrittore che sta letteralmente sceneggiando il film che stiamo vedendo (sarà Bellocchio stesso?) e la fine, surreale, ermetica ma acclamata in quanto catapulta questo film da un trampolino fatto di carne ossa e sangue in un universo fatto stelle, speranza e sogno UNIVERSALI. Ebbene forse l’atto di civiltà sarebbe stato evitare di “appiccicare” tutti questi ottimi elementi ad una storia dalle tinte incendiarie come quella del sequestro Moro, una storia che fa rumore di suo, un rumore che va ascoltato, rispettato e lasciato nel suo essere confuso e assordante e che non merita di fare da semplice scheletro alle vicende mentali messe in scena da un regista obnubilato e ammaliato dal suono della sua stessa voce.

È una storia incerta, ancora troppo vicina per essere conosciuta nella sua genesi, ma già tanto lontana per tanti giovani che ne ignorano le dinamiche. Portarla sullo schermo in modo tale da far apparire le BR (poco, troppo poco indagate nelle azioni e nelle motivazioni) un gruppo di invasati geniali e fortunatissimi per aver messo a segno un tiro di cui quasi ignorano la portata, mi sembra eccessivamente riduttivo.       Non era forse meglio sceglierne un’altra di vicenda (magari del tutto immaginaria!!) su cui incarnare archetipi e vaneggiamenti autobiografici piuttosto che sfruttare (si, sfruttare!) una storia le cui verità sono ancora celate e custodite sotto la terra del silenzio?

Di sicuro attira di più una locandina che ritrae Aldo Moro piuttosto che un primo piano di Piergiorgio Bellocchio, e questo papà Marco lo sa bene abile com’è nel raccontare storie che si poggiano su poco, ma da buon mistificatore popolare targato RAI illude lo spettatore con mezzi e guise roboanti, ridondanti e pretenziosi, lo assicura di aver fruito un gran prodotto, intellettuale quanto basta a un italiano per sentirsi più colto di un fan di Muccino.

Buongiorno Notte: Per chi si vuol sentire impegnato.

Nota: di Roberta Monno

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