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La Febbre

Recensione: La Febbre

Affrontando il tema di giovani promesse del cinema mi soffermerei su un fanciullo che, a mio insindacabile parere, promette e mantiene più di molti suoi illustri e acclamati colleghi. Parlo di Alessandro D’Alatri e parlo del suo alter ego Fabio Volo e del suo ultimo piccolo e prezioso film “La Febbre”

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SCHEDA DVDParlo di lui più che di Volo alla luce del curioso (ma non troppo) fatto che i film di D’Alatri sono meglio noti come “L’ultimo film di Fabio Volo”. La cosa mi sembra ingiusta, per quanto immagino sia una precisa scelta di campo e di marketing attirare l’attenzione sull’istrionico attore/ presentatore/ mattatore, più che sul suo papà cinematografico.
Chissà, forse se sulla locandina non apparisse il faccione da pokemon di Fabio (così lo apostrofa Stefania Rocca in Casomai), nemmeno si potrebbero fare questi film, ma a capo chino ci arrendiamo di fronte ad uno di quei rari casi in cui una necessità diventa virtù, e supponiamo che il buon Volo sia l’unico a poter davvero incarnare i personaggi naiif raccontati in La Febbre e Casomai (che poi, a dirla tutta, sembra sempre lo stesso personaggio a spasso nel tempo e nei luoghi).
Ma la Febbre ha qualcosa in più rispetto al pur lodevole Casomai.
La Febbre è l’invidia.
La febbre è l’italiana illegalità e il malcostume, la febbre di Fabio/Mario è il non riuscire a mandar giù una vita mediocre seppur italicamente soddisfacente. La febbre è un amore che supera il tempo e la distanza.  La febbre è una madre che ti scambia per suo marito e ripropone recidivamente le stesse dinamiche che scandivano la relazione col consorte defunto. La febbre da cui noi donne stiamo guarendo è il concepirci mogli o mamme, quella nuova di cui ci stiamo ammalando è il dover fuggire dalle relazioni per affermarci come solinghi individui autonomi ad ogni costo.
Tutto questo e ancora di più in un briciolo di film, irreale, a tratti onirico, inverosimile ma verissimo. Tutto questo e ancora di più troverete, se volete, in una pellicola che non avanza pretese, ma regala 108 minuti di cinema italiano, cinema fatto di storie che si mette al servizio della narrazione e che solo per amore di un estetica funzionale al racconto si diletta con immagini surreali e con musiche di valore, il valore dei nostri musicisti giovani e talentuosi.
D’Alatri prende per mano la spettatore, lo accarezza e gli sussurra: ”Siediti, mettiti comodo…sto per raccontarti una storia” portandolo con sé nella vicenda, e lo spettatore lo sta a sentire perché (ecco un soffio di furbizia), gli sta raccontando la sua vita; chi di noi non ha sentito la pressione degli amici appena ti fidanzi seriamente?
Chi non si è sentito dire, all’alba di un gioioso e assorbente rapporto di coppia “Da quando stai con lui sei cambiata?
”, sospettando furiosamente che certe accorate insinuazioni altro non fossero se non un’invidia verde coniglio?
?
Chi di noi, trentenni e no, non ha visto, a un certo punto, aprirsi di fronte a sé un immaginario bivio: cercare di sistemarsi optando per un lavoro sicuro, o inseguire gli spericolati sogni di quell’adolescente che non ti ha ancora del tutto abbandonato, e vampirizza la tua maturità succhiandoti via quel po’ di saggezza che credi di aver raggiuntoE ancora, tutti noi, chi prima chi poi, si sono imbattuti nel peninsulare sistema delle raccomandazioni e dei compromessi, e tutti, almeno una volta si saranno chiesti: me la vendo o me la tengo, quest’animuccia che mi alberga lo sterno e che a sua volta ospita una, seppur dormiente, coscienza?
Questi i temi che sinteticamente D’Alatri tocca, in ordine, con Casomai e La Febbre. Ci chiama in causa così, parlandoci di noi in maniera diretta e precisa, un po’ ruffiana ma efficace. E se potessi scegliere io, mi farei raccontare ogni giorno da lui, con la faccia sognante di un Volo, che mi promette che le cose possono sempre cambiare.La Febbre: trasognato e poetico: per ottimisti

Nota: di Roberta Monno
La Febbre

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