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Go Go Tales

Recensione: Go Go Tales

Il miglior modo per recensire e restituire l’effetto di Go Go Tales sarebbe quello di mostrare un’istantanea scattata all’uscita del cinema.

SCHEDA TECNICA

SCHEDA DVDLe facce del pubblico… Stralunate e scompensate, esterrefatte, che denunciano l’affiorare della domanda delle domande: “Sono idiota io che non l’ho capito o questo film e’ una boiata pazzesca?
?

Non pretendiamo di rispondere a un quesito di siffatta caratura, di certo sappiamo che il regista de Il Cattivo Tenente e The Funeral (curiosamente tradotto con Fratelli), non e’ uno che ci va giu’ leggero e ama filmare cosa vuole come lo vuole, senza dover accontentare nessuno.

Risiederebbe infatti in questa pretesa di indipendenza la decisione di trasferire i suoi film in Italia : “Ray Ruby (Dafoe) e’ uomo in lotta con il mondo, come me – dice Ferrara – che cerca di portare avanti il suo locale in fallimento, io lotto con i miei film indipendenti contro le major“. E l’Italia gli avrebbe offerto la possibilita’ di girare anarchicamente i soggetti che piu’ gli aggradano nella misura in cui lo preferisce: “l’Italia produttivamente non e’ così asservita alle multinazionali.” Anche il prossimo film sara’ realizzato qui da noi: Pericle il nero, dal romanzo omonimo di Giuseppe Ferrandino. Una storia di camorra, con protagonista Riccardo Scamarcio, un delinquente che sodomizza i suoi nemici.

Ma torniamo a Go Go Tales: e’ la storia di Ray Ruby, proprietario di un locale di lap dance dove, in qualche strano modo, si cerca di fare arte: fino a un certo orario le ballerine intrattengono i clienti, poi si fa sul serio, e le fanciulle possono esibirsi in quella che (per me) somiglia fin troppo ad una surreale recita scolastica, in cui, dieci minuti a testa, tutte possono far vedere cosa sanno fare da vestite.

Ruby e’ in bolletta, e la sua ultima speranza e’ un biglietto del Lotto vincente (18 milioni di dollari), che pero’ ha smarrito.   Il tutto per 90 minuti di tette e culi (ripresi senza particolari ritocchi), che si dimenano in uno spazio tempo che ha il sapore del piano sequenza: una notte, un locale, un via vai di gente inquadrata per poco ma quanto basta per far apparire sul curriculum “Go Go Tales di Abel Ferrara“. Ecco che parte il gioco del chi c’e’ (per noi italiani, perche’ altrove immagino che Andy Luotto non lo conosca nessuno): Romina Power nei panni della dea bendata (lei che ha sposato Al Bano?
), Justine Mattera in topless, Stefania Rocca aggressiva panterona (nei panni della sorella?
), Danny Quinn nei panni di nessuno, Pras Michel (vi dice niente Ghetto Superstar?
), e la solita Asia Argento, bellissima ma stancante nei panni della maniaca per forza, ripresa da vicino, con una telecamera che sembra voler scrutare fra le pieghe della sua pelle.

Poi c’e’ Dafoe, che tira avanti la baracca, complice una faccia piu’ plastica del solito e l’unico momento interessante del film “cantato” con la sua voce “confidenziale”, direbbe Fabrizio Bentivoglio (ci riferiamo al paradossale ma efficace stacco in cui Ray si esibisce in una ballata / dichiarazione d’amore alle fanciulle del suo harem).

Ecco Scamarcio, altra nota di colore anche se facilona: il Dr. Steven che scopre hic et nunc sua moglie lavorare come lap dancer, e da’ letteralmente di matto. Gli uomini di Ray cercano di calmarlo spiegandogli che nel locale non ci sono prostitute, tuttalpiu’ artiste. Gustatevi la risposta di  Scamarcio: il trionfo del cliche’ che non guasta e profuma di saggezza. I tempi comici vengono ben distribuiti e rispettati, facendo di questa scena(etta) uno dei momenti piu’ riusciti dell’intero film.

Una notte dunque, in cui ci becchiamo tutto quello che offre il palinsesto del Ray’s Paradise (Il Paradiso di Ray), e scopriamo che sta fallendo intuendone anche le ragioni (diciamo che le scelte di scaletta non sono il massimo), come non e’ il massimo accorgersi, dopo i primi venti minuti di film, che quello che ci sembrava funzionare come prologo e’ in effetti lo svolgimento dell’intera pellicola.

Go Go Tales si consacra come oggettino di culto autoreferenziale e guardone, senza un vero cuore che pulsi, a meta’ fra l’assurdo e lo sbagliato. Assurdo perche’ e’ cosi’ che l’autore l’ha voluto, scoordinato e incoerente (quindi corretto nelle sue intenzioni), sbagliato perche’ molto piu’ patinato che viscido, non abbastanza sporco e irriverente da sconvolgere, non abbastanza narrato da interessare, non abbastanza “dentro” nessun personaggio, nè efficacemente corale. Più che Frank Capra o Woody Allen (citati dallo stesso Ferrara), a me viene in mente un Altman impazzito e fuori rotta.

Una suggestione imperfetta che lascia proprio come quelle facce fuori dal cinema. Con la vaga sensazione di aver perso tempo.

Go Go Tales: Per chi pensa di voler trasgredire.

La Frase:”Sono italiano giusto?
E non mi devo preoccupare?
“, Riccardo Scamarcio, Go Go Tales, 2008.

Nota: di Roberta Monno
Go Go Tales

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