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Registi e Attori: Sidney Pollack: regista e gentiluomo

Registi e Attori: Sidney Pollack: regista e gentiluomo

Parallelamente alla recente chiusura del sipario di Cannes 2008 si chiudeva la scena, in questa vita, per Sidney Pollack. Il regista era nato nel 1934, anagraficamente aveva 73 anni, ma la sua classe e il suo spirito pionieristico alleggerivano di molto la proporzione età- progettualità che fanno dell’età uno stereotipo inutile in cui affaccendarsi.

Assieme ad un gruppo di colleghi (Spielberg, Schlesinger, Peckinpah…) che dagli anni ‘70 hanno fatto la storia del cinematografo e che hanno rotto gli schemi hollywoodiani con un cinema d’impegno sociale e che nel caso di Pollack sono stati film del calibro di “Non si uccidono così anche i cavalli” , “Corvo rosso non avrai il mio scalpo”, “Il cavaliere elettrico”, “I tre giorni del condor” dei film che sembrano aderire ad un manifesto di intenti di un giovane cinema americano attento alla società e all’impegno militante , registi avversi al maccartismo, sinonimo di conservatorismo e di attacco alle minoranze politiche, coniugando questo livello di impegno nei diversi strati del sociale, per così consentire allo spettacolo vero, la vita , di avere una rappresentazione sul grande schermo e far diventare il cinema il grande caveau espressivo che sarà la trasmissione del sapere del futuro. In questo contesto militante, sperimentale e pieno di speranze, Pollack si è mosso con uno stile impeccabile, con un uso della macchina da presa professionale e con una declamazione delle varie graduazioni di sentimenti sempre inscindibili e controversi, nel rapporto uomo donna (Destini incrociati, Come eravamo, la mia Africa) nel suo io politico (The interpreter, I tre giorni del condor, Corvo rosso non avrai il mio scalpo, Havana) lasciando alle emozioni e alle passioni un loro corso (come poi succede nella vita reale) senza risoluzione. I filosofi francofortesi che hanno accompagnato le letture di questa generazione (non solo l’americanizzato Marcuse, ma anche Adorno, Benjamin) hanno fatto da sponda ad una teoria della cultura come industria (intesa nel senso di ingegnosa abilità del socializzare il proprio talento) del sapere e si ha l’impressione che, con registi come Sidney Pollack questo trapianto sia riuscito in pieno, e che sia possibile realizzare grandi progetti cinematografici senza scadimenti. Nel 2004, precisamente il 25 aprile, a Bologna, nel corso della presentazione della copia restaurata “I tre giorni del condor” , un film che la Cineteca di Bologna ha voluto sottrarre all’usura del tempo, era stato invitato Sidney Pollack, a commentarlo e a ricordarlo. Il regista indossava una giacca di pelle nera, era appena sceso dal suo aereo, in giro per il mondo con un suo piccolo jet per non essere schiavo degli orari e delle partenze e dei ritardi degli aeroporti, non è una leggenda metropolitana il fatto che la produzione spesso impone tempi molto stringenti sul set e dunque questa autonomia gli si rendeva necessaria, specie per una persona come lui che era attore, regista, produttore, montatore e che curava il suo cinema in ogni dettaglio e in ogni piccolo particolare, con uguale maestria e dovizia, essendo lui stesso impastato di cinema.Sidney Pollack era molto affezionato al docente Franco La Polla professore ordinario di Letteratura Angloamericana all’Università di Bologna che aveva scritto diverse pubblicazioni anche su di lui, come Sidney Pollack: Cineasta e gentiluomo.

Ispirandosi al suo ruolo trasversale nel cinematografo contemporaneo, al cinema Lumiere di Via Pietralata a Bologna, il 25 aprile 2004 Pollack  ha parlato dei suoi esordi cinematografici, e trascinato dalle domande degli appassionati, ha parlato del suo rapporto con Stanley Kubrick, del personaggio che gli aveva chiesto di interpretare.

Pollack ha raccontato che si conosceva solo telefonicamente da circa vent’anni con Kubrick e non si erano mai visti (sappiamo dell’esilio che si era inflitto Kubrick allontanandosi dagli Stati Uniti in odore di misantropia e stabilendosi definitivamente in Inghilterra soprattutto come produzione cinematografica ), e fu in quel contesto Stanley Kubrick gli chiese di fare la parte di Victor Ziegler in “Eyes wide shut” così Sidney Pollack approdò sul set. Appena arrivò fu salutato da Tom Cruise che gli disse che assieme a Nicole erano lì da circa un anno per il film.

Pollack lo rassicurò dicendo che il regista lo aveva chiamato per fare una particina e che si sarebbe trattenuto per qualche giorno. Naturalmente rimase quasi due mesi…

Però se oggi vediamo la parte di Sidney Pollack per Stanley Kubrick notiamo che Victor Ziegler, non era una parte, era lo specchio di un cono d’ombra, quella fradicia e senza eticità del potere

Nota: di Roberta Ricci
Sidney Pollack: regista e gentiluomo

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