Robert B. Weide ci porta a stretto contatto con uno degli artisti più grandi della nostra epoca e della storia del cinema.

C’è (quasi) tutto nel documentario di Weide su (e con) Woody Allen: tutto quello che vorremmo sapere (ma che non abbiamo mai potuto chiedere), tutto quello che vorremmo sentirci dire da una mente come quella del regista di Manhattan. Allen, in prima persona, parla della sua infanzia, della sua vita, dei suoi inizi, offre un filmato registrato della defunta madre. Parla della sua carriera, ma soprattutto e giustamente, di quella parlano gli amici e collaboratori, gli studiosi, gli ammiratori celebri. Il Maestro in persona racconta come lavora, come funziona la sua testa, ci mostra il tavolino in cui siede e la sua macchina da scrivere d’epoca che va ancora come un “carroarmato”.
Esiste qualcosa sugli schermi cinematografici contemporanei, anzi, degli ultimi circa 40 anni, che scorre più leggermente delle immagini di un film di Woody Allen? Anche quando questo piccolo, arzillo e geniale americano dà sfogo al suo lato più noir, l’eleganza e la semplicità dei suoi discorsi (verbali e visivi), nonostante le alte maestranze impiegate (vedi Gordon Willis, direttore della fotografia conosciuto anche come “il principe dell’oscurità” per la sua abilità di filmare nella penombra) e nonostante i profondi temi trattati (il senso della vita, dell’esistenza, della morte, le religioni…) resta impareggiabile. Non abbiamo mai sentito di qualcuno che vada a vedere un film di Woody Allen preoccupato di trovare la giusta posizione sulla poltrona della sala per addormentarsi.
Ora, è difficile e senz’altro non per questa sede setacciare la vastissima opera alleniana alla ricerca di quel quid della leggerezza, dell’efficacia che rende ogni suo film, a prescindere che sia più o meno fortunato al botteghino, un piacevole e interessante divertimento per i nostri occhi e per le nostre menti. Però, d’altro canto, sarebbe lecito aspettarsi un lavoro del genere, più o meno approfondito, da un documentario bio- e monografico di circa due ore sull’autore in questione. Parliamoci chiaramente: se Woody Allen – a documentary, fosse stato realmente una questua analitica sull’essenza dell’arte alleniana, se Weide fosse stato alla disperata ricerca di svelare, per dirla con un termine che è più che azzeccato col personaggio, il trick, il trucco, il prestigio alla base di ogni magia di Woody Allen, allora sarebbe stato un fiasco, un magari interessante ma pesantissimo documento utile da sviscerare con l’attenzione che si dedica a un saggio. Invece – ancora – magia: il film di Weide scorre lievissimo, allietato da spezzoni memorbaili, da ricordi e parole di elogio per il piccolo grande artista, dalle sue piccole, grandi confessioni e dal suo sorriso dolce di felice e energico 77enne, che ha ancora tanto da dare. E siamo pronti a scommettere che, anche chi negli ultimi anni ha parlato tanto male e in maniera tanto sospettosa di Allen, della sua vita e delle sue opere, sarebbe il primo a sentirne la mancanza

Titolo: Woody Allen – a documentary
Regista: Robert B. Weide
Sceneggiatura: Robert B. Weide
Genere: Documentario
Durata: 113’
Con: Woody Allen, Betty Aronson, Diane Keaton, Charles H. Joffe, Mariel Hemingway, John Cusack, Josh Brolin, Scarlett Johansson, Naomi Watts, Gordon Willis, Martin Scorsese, Larry David, Penelope Cruz, Marshall Brickman, Chris Rock, Martin Landau, Jack Rollin, Sean Penn
Fotografia: Neve Cunningham, Anthony Savini, Nancy Schreiber, Bill Sheehy, Buddy Squires
Montaggio: Karolina Tuovinen, Robert B. Weide
Produzione: Susan Lacy per PBS – American Masters
In sala a partire dal 21 settembre 2012.